Siamo una libera associazione tra avvocati penalisti diretta a promuovere la tutela dei diritti fondamentali delle persone che si trovano sottoposte a procedimento penale, il rispetto delle garanzie del cittadino, la formazione dei Colleghi Avvocati Penalisti per un’avvocatura inserita a pieno titolo nella giurisdizione penale.
1996 – 1998 Presidente Massimo Girardi, consiglieri Sergio Minervini e Alberto Uccelli
1998 – 2000 Presidente Massimo Girardi, consiglieri Sergio Minervini, Alberto Uccelli e Aldo Lo Piano
2000 – 2002 Presidente Alberto Uccelli, consiglieri Aldo Lo Piano, Marco Talini, Andrea Dinelli ed Avv. Anna D’Angelo.
2002 – 2004 Presidente Alberto Uccelli, consiglieri Aldo Lo Piano, Marco Talini, Fabrizio Spagnoli, Angela Acconci.
2004 – 2006 Presidente Marco Talini, consiglieri Alberto Uccelli, Fabrizio Spagnoli, Vinicio Vannucci ed Angela Acconci
2006 – 2008 Presidente Marco Talini, consiglieri Alberto Uccelli, Fabrizio Spagnoli, Vinicio Vannucci, Angela Acconci, Fabio Ercolini e Nicola Bibbiani.
2008 – 2010 Presidente Fabrizio Spagnoli, Consiglieri Alberto Uccelli, Vinicio Vannucci, Marco Talini ed Angela Acconci.
2010 – 2012 Presidente Fabrizio Spagnoli, Consiglieri Alberto Uccelli, Vinicio Vannucci, Marco Talini ed Angela Acconci.
2012 – 2014 Presidente Vinicio Vannucci, Consiglieri Alberto Uccelli, Marco Talini, Fabrizio Spagnoli ed Ettore Puppo.
2012 – 2016 Presidente Vinicio Vannucci, Consiglieri Alberto Uccelli, Marco Talini, Fabrizio Spagnoli, Ettore Puppo, Aurora Matteucci, Nando Bartolomei, Enrica Accardo.
2016 – 2018 Presidente Marco Talini, Consiglieri Nando Bartolomei, Ettore Puppo, Aurora Matteucci, Enrica Accardo, Francesca Galiuto, Lorenza Musetti.
Purtroppo, ad oggi, non siamo in possesso di una documentazione che ci consenta di ricostruire passo per passo la storia della nostra Camera Penale.
Il primo segretario della Camera Penale, il compianto Sergio Minervini, è purtroppo scomparso e non ha potuto fornirci quelle informazioni che sarebbero state necessarie per ricostruire i primi passi dell’associazione. A ciò deve aggiungersi una certa refrattarietà dei primi dirigenti dell’associazione a documentare l’attività che andavano svolgendo, che, d’altra parte ben si coniuga con la proverbiale pigrizia dell’ambiente livornese.
Per scrivere questa prima embrionale stesura della storia della nostra camera ci siamo serviti della documentazione in possesso dell’autore di questo scritto e dello scarsissimo materiale che ha raccolto il nostro segretario attuale, Avv. Ettore Puppo.
Ci scuserete, dunque, se ci saranno lacune, imprecisioni ed errori.
Come Wikipedia questo lavoro deve considerarsi un cantiere aperto. Proseguiremo ad arricchirlo e speriamo anche in una maggiore collaborazione dei nostri colleghi, di quelli che condividono con noi questa bella esperienza e di quelli che verranno nei prossimi anni.
Possiamo cominciare cercando di ricordare quale fosse il clima nel tempo in cui la Camera Penale di Livorno vide la luce.
A proposito di quanto già detto, non siamo riusciti a dare una data certa alla nascita della nostra associazione, ma la si può collocare, approssimativamente, tra il gennaio ed il febbraio del 1996.
A quel tempo l’Unione delle Camere Penali, cui la CP Livorno prontamente aderì, era presieduta dall’Avv. Gaetano Pecorella, notissimo avvocato e professore milanese. Lo ricorderete come primo avvocato difensore del Cavaliere, poi sostituito dal padovano Ghedini e da altri ancora.
Ma facciamo un passetto indietro per comprendere, come direbbe Sciascia, il contesto di questo parto un po’tardivo dell’avvocatura livornese.
Gli anni precedenti, e mi riferisco al periodo compreso tra il varo del codice Vassalli ed il 1996, avevano segnato, ahimè, una svolta inquisitoria, sicuramente ispirata e voluta dalla magistratura italiana, una vera e propria restaurazione delle toghe contro il ‘rivoluzionario’ (si fa per dire) processo accusatorio.
Nel 1992, si erano abbattute sul nostro processo di parti, tre sentenze della Corte Costituzionale, che avevano l’evidente fine politico di affossare la «regola d’oro» della formazione dialettica e dibattimentale della prova, introdotta dal Codice Vassalli del 1989. Si tratta di sentenze (la n. 24 sulla testimonianza indiretta della polizia giudiziaria; la n. 254 sulla lettura dei verbali d’indagine in caso di ricorso al diritto al silenzio in dibattimento; la n. 255 sull’efficacia probatoria delle dichiarazioni testimoniali contenute nel fascicolo del pubblico ministero) che, senza mezzi termini, imposero il recupero dibattimentale delle dichiarazioni raccolte in segreto nell’indagine preliminare e che, dunque, provarono a demolire la parte del codice più orientata a recepire i principi accusatori¹.
L’effetto fu dirompente, poiché, per qualche anno, la disciplina del processo penale arretrò di nuovo ad una fase addirittura, dicono gli esperti, preromagnosiana². L’indagine preliminare si trasformava in una sorta di «gigantesca istruzione sommaria» in grado di condizionare gli esiti dibattimentali: «qualcosa di peggio, quindi, di un semplice ritorno all’istruzione formale del modello misto, perché gli atti divenuti utilizzabili in chiave probatoria non sono compiuti da un giudice, ma direttamente dall’accusatore o dalla polizia giudiziaria».
Il Foro Livornese, dunque, si unì alle vibranti proteste dell’avvocatura penalistica italiana, già ben rappresentata dall’Unione delle Camere Penali Italiane.
Lo fece con un certo ritardo, ma, comunque, lo fece.
Più o meno nella primavera del 1995, uno sparuto gruppo di valenti avvocati livornesi, riconoscendosi nei valori e nelle idealità dell’Unione delle Camere Penali Italiane³, aveva preso a riunirsi ed a maturare una coscienza collettiva riguardo alle travagliate vicende del processo penale e del ruolo del difensore, così come era avvenuto in molte città d’Italia.
Gli anni di Tangentopoli avevano consentito che si sviluppasse nell’opinione pubblica un sentimento di forte solidarietà rispetto all’azione della magistratura, contrassegnata da un uso sicuramente eccessivo e strumentale della custodia cautelare.
A Milano, a quel tempo, si celebravano ancora i processi istruiti dal c.d. Pool di Mani Pulite ed era ormai prassi accettata, anzi gradita ad un’opinione pubblica delusa dalla politica, la sempre più spregiudicata spettacolarizzazione dei processi.
Erano all’ordine del giorno le dirette televisive dai palazzi di Giustizia, inizialmente di Milano e, successivamente, da tutta la penisola, proprio a seguito del diffondersi delle inchieste sul fenomeno del finanziamento illecito dei partiti, anche al di fuori del territorio milanese.
Poco prima della costituzione della Camera Penale di Livorno venne emessa la prima delibera di astensione permanente dalle udienze datata 27.05.1995.
Con tale documento l’Unione delle Camere Penali aveva decretato l’astensione dalle udienze “… finché non siano ripristinati in sede parlamentare, a seguito dell’esame in aula, i contenuti delle riforme a cui si erano impegnate le forze politiche, con particolare riferimento all’art. 371 bis c.p., riconvocando gli organi direttivi dell’Unione per il giorno 17 giugno 1995 per ogni ulteriore deliberazione”.
Il nostro segretario, avv. Ettore Puppo, ha personalmente verificato che quella delibera effettivamente circolasse tra gli avvocati di Livorno: ciò testimonia, da un lato, il fermento politico – culturale che animava l’avvocatura livornese, e, dall’altro, le relazioni esistenti tra gli avvocati livornesi e i circoli culturali e scientifici comunque iscrivibili nel più ampio contesto nazionale dell’Unione delle Camere Penali.
A riguardo l’avv. Massimo Girardi, primo presidente della Camera Penale di Livorno, riferisce di intensi scambi epistolari con i più eminenti esponenti dell’avvocatura penalista italiana tra i quali, sicuramente, Gaetano Pecorella, Giuseppe Frigo e Vittorio Chiusano.
Ulteriore riprova di queste relazioni o, forse più precisamente, dei contatti con gli ambienti culturali, prossimi all’Unione delle Camere Penali, è fornita da un altro documento reperito nell’archivio personale dell’Avv. Sergio Minervini e avuto per concessione della figlia Valeria.
Si tratta appunto della “Carta di comportamento dell’avvocato penalista” un interessante documento elaborato da un gruppo di avvocati tra i quali Germano Bellusi, Giovanni Borgo, Domenico Carponi Schittar, Roberta Carrer, Remo Danovi, Luisella De Cataldo ed Eraldo Stefani, che rappresentava un primo tentativo di elaborazione del codice di condotta di coloro che si cimentavano nelle aule penali.
¹ C. Cost. 24/1992: “È costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 195 comma 4 c.p.p., che vieta la testimonianza indiretta degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria. Tale divieto rappresenta, infatti, un’eccezione sfornita di ragionevole giustificazione, sia rispetto alla disciplina dell’art. 195 c.p.p. nel suo complesso, sia rispetto alle regole dettate dagli artt. 196 e197c.p.p., in quanto gli appartenenti alla p.g. hanno capacità di testimoniare come ogni persona e nei loro confronti non è prevista alcuna incompatibilità. È costituzionalmente illegittimo, per analoghe considerazioni, con riferimento all’art. 3 Cost., l’art. 2, n. 31, secondo periodo, l. 16 febbraio 1987, n. 81, nella parte in cui vieta l’utilizzazione agli effetti del giudizio, attraverso testimonianza della stessa polizia giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese dai testimoni. (Corte Costituzionale, 31/01/1992, n. 24 Prebera e altro c. Pres. consiglio ministri e altro). C.Cost. 254/2002 È costituzionalmente illegittimo l’art. 513 comma 2 c.p.p. 1988, nella parte in cui non prevede che il giudice, sentite le parti, dispone la lettura dei verbali delle dichiarazioni di cui al comma 1 del medesimo articolo rese dalle persone indicate nell’art. 210, qualora queste si avvalgano della facoltà di non rispondere, per contrasto con gli art. 3 e 76 cost. (Corte Costituzionale, 03/06/1992, n. 254 Mazza e altro c. Pres. consiglio ministri). C.Cost. 255/1992 È costituzionalmente illegittimo l’art. 500, comma 4, del c.p.p. nella parte in cui non prevede l’acquisizione nel fascicolo per il dibattimento, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dai comma 1 e 2, delle dichiarazioni precedentemente rese e contenute nel fascicolo del p.m. (Corte Costituzionale, 03/06/1992, n. 255 Damiani c.)
² Romagnósi ‹-si›, Gian Domenico. – Giurista e filosofo (Salsomaggiore 1761 – 1835). Di formazione illuministica, R. fu un fautore dell’unità italiana, idea che gli costò varie traversie (tra cui, a partire dal 1821, il divieto di insegnare). Come giurista è considerato uno dei fondatori del diritto penale moderno (Genesi del diritto penale, 1791). Come filosofo fu un convinto assertore della ‘filosofia civile’, ossia di una riflessione che studia l’uomo nella sua concreta evoluzione storico-sociale, unendo la dimensione morale a quella giuridico-politica ed economica. A tale impostazione si rifece il suo allievo C. Cattaneo. Fonte Treccani.
³ L’Unione della Camere Penali Italiane era stata fondata nel 1982.
In questo contesto, di intenso fermento, ma anche di grande sofferenza del neonato processo accusatorio, nasce la Camera Penale di Livorno.
A fondarla sono gli Avvocati Massimo Girardi, Alberto Uccelli, e Sergio Minervini, questo, almeno, in base alle frammentarie notizie che siamo riusciti ad acquisire.
Più che padri fondatori potremmo definirli i pionieri dell’avvocatura penale associata.
Massimo Girardi racconta che vi fu un gran susseguirsi di riunioni preparatorie, nei corridoi del Tribunale e, più spesso, a cena, nei ristoranti labronici, presenti anche l’avv. Alberto Uccelli e l’avv. Guglielmo Ciulli.
A tali riunioni che, talvolta, divennero vere e proprie assemblee spontanee, presero parte anche alcuni giovani avvocati, che, dopo qualche anno, avrebbero ricevuto il testimone dalla vecchia guardia.
Ad una di queste assemblee, che si tenne nell’inverno del 1996 nell’aula Bassano del Tribunale di Livorno, presero parte, tra gli altri, gli avvocati Alberto Uccelli, Guglielmo Ciulli, Fausto Bianchi, Marco Talini, Angela Acconci, Carlo Sacchelli, Renato Luparini, Giovanni Maggi, Anna D’Angelo, Marcello Monaci, Sergio Minervini e Massimo Girardi.
Fu in quella circostanza che i presenti elaborarono e sottoscrissero lo statuto della Camera Penale di Livorno.
Qui, in un luogo certo, l’Aula Bassano, in una data non altrettanto certa, primi mesi del 96’, nel clima di fermento di cui s’è detto, nasceva, dunque, la Camera Penale di Livorno⁴.
La prima presidenza del direttivo (1996 – 1998) della neo costituita Camera Penale fu concordemente affidata all’avv. Massimo Girardi, Segretario venne designato il compianto Avv. Sergio Minervini, cui si unirono, a comporre il Consiglio Direttivo, altri tre colleghi, tra i quali sicuramente l’Avvocato Alberto Uccelli.
Purtroppo non siamo al momento in grado di precisare come fosse composto il primo consiglio direttivo perché i nostri pionieri si affidarono esclusivamente alla tradizione orale e non lasciarono alcun documento scritto. Le ricerche scrupolosamente svolte dall’Avv. Ettore Puppo, purtroppo non hanno dato esiti certi. Stesse considerazioni anche per il secondo direttivo (1998 – 2000), anch’esso presieduto dall’Avv. Massimo Girardi, sicuramente affiancato da Alberto Uccelli, Sergio Minervini ed Aldo Lo Piano.
Furono anni nei quali la Camera Penale Livornese cercò di crescere e di imporsi come soggetto politico nell’asfittico Foro Livornese.
Compito, invero, assai arduo: come abbiamo detto l’ambiente dell’avvocatura livornese, nonostante vanti esempi di colleghi di grande valore, ha sempre mostrato scarsa attenzione ai temi che ineriscono la politica della giurisdizione.
Fu comunque memorabile l’assemblea convocata all’indomani della Sentenza 26 ottobre-2 novembre 1998 n. 361 della corte Costituzionale⁵ che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale, tra gli altri, dell’art. 513 cpp, introducendo la possibilità di contestare al coimputato o all’imputato in procedimento connesso o collegato, anche nel caso che questi rifiutasse di rispondere su temi di prova sui quali aveva in precedenza riferito, di contestargli, comunque, tali dichiarazioni, consentendo, ovviamente, l’utilizzabilità delle contestazioni a fini di prova.
Ricordiamo che quell’assemblea si concluse con un’esortazione alla Giunta a metter mano ad una riforma costituzionale che inserisse il principio della formazione della prova dibattimentale nel contraddittorio tra le parti nella nostra Costituzione. Infatti la nostra Magistratura, senza quel passaggio, aveva demolito sistematicamente il processo accusatorio. E non diciamo nulla di originale nel ricordare che qualche anno dopo, anche per iniziativa dell’Unione delle Camere Penali, sarebbe stato modificato l’art. 111 della Costituzione.
Ricordiamo che proprio l’anno dopo, nel 1999, la vicenda si chiuse con la ferma risposta costituita dalla fondamentale e condivisa riforma dell’art. 111 della Costituzione (legge costituzionale n. 2 del 23 novembre 1999), con la quale sono stati inseriti nella Carta Fondamentale i principi del ‘giusto processo’ attraverso una dettagliata enunciazione delle essenziali garanzie processuali (riserva di legge per la materia processuale, terzietà e imparzialità del giudice, parità tra le parti, formazione della prova in contraddittorio, ragionevole durata del processo, diritto a conoscere natura e motivi dell’accusa, effettività del diritto di difesa, diritto alla confutazione dell’accusa, diritto alla produzione di prove, inidoneità delle dichiarazioni non confermate in dibattimento a costituire prova di colpevolezza).
La Camera Penale, dunque, anche in questa sua fase pionieristica, ha costituito un elemento di discontinuità col passato, ed è riuscita a dare un impulso politico-culturale nuovo all’intero ambiente dell’avvocatura livornese.
Sicuramente i fondatori della Camera Penale hanno il merito di aver posto le basi per la formazione di una nuova classe di penalisti nel Foro Livornese.
Quindi grazie agli avvocati Girardi, Uccelli, Minervini e Lo Piano.
⁵ Quella sentenza esattamente dispose quanto segue: “riuniti i giudizi, 1) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 513, comma 2, ultimo periodo del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che, qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilita’ di altri gia’ oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell’accordo delle parti alla lettura si applica l’art. 500, commi 2-bis e 4, del codice di procedura penale; 2) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 210 del codice di procedura penale nella parte in cui non ne e’ prevista l’applicazione anche all’esame dell’imputato nel medesimo procedimento su fatti concernenti la responsabilita’ di altri, gia’ oggetto delle sue precedenti dichiarazioni rese all’autorita’ giudiziaria o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero; 3) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 238, comma 4, del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che, qualora in dibattimento la persona esaminata a norma dell’art. 210 del codice di procedura penale rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilita’ di altri gia’ oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza di consenso dell’imputato alla utilizzazione si applica l’art. 500, commi 2-bis e 4, del codice di procedura penale; 4) dichiara inammissibili le questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 513, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della disparita’ di trattamento in relazione al comma 1 dello stesso articolo, dal Tribunale di San Remo e dal Tribunale di Savona con le ordinanze in epigrafe; 5)dichiara inammissibile la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 514 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 101 e 112 della Costituzione, dal Tribunale di San Remo; 6) dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 238, commi 2-bis e 4, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 101, secondo comma, e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Perugia con l’ordinanza in epigrafe; 7) dichiara non fondate le questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 210, comma 4, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, secondo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 111 e 112 della Costituzione, dal Tribunale di Bergamo, dal Tribunale militare di Torino e dal Tribunale di Trani, con le ordinanze in epigrafe; 8) ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Torino, al Tribunale per i minorenni di Bologna, al Tribunale di Cagliari, al Tribunale di San Remo, al Tribunale di Savona e al Tribunale di Trani in relazione alle questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 6, commi 2 e 5, della legge 7 agosto 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di valutazione delle prove), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, secondo comma, 111, primo comma, e 112 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe.
I due mandati successivi, 2000 – 2002 e 2002 – 2004, sono contrassegnati dalla presidenza dell’Avv. Alberto Uccelli.
Erede del grande Avvocato Gelati, Alberto Uccelli ha saputo contrassegnare le sue presidenze dando una forte impronta organizzativa alla Camera Penale livornese, che, quindi, con lui, ha posto le condizioni per consolidarsi e strutturarsi in modo definitivo nel mondo della giustizia livornese.
Nel primo mandato l’Avv. Uccelli, era affiancato dall’Avv. Aldo Lo Piano, dall’Avv. Marco Talini, dall’Avv. Andrea Dinelli e dall’Avv. Anna D’Angelo.
Nel secondo, usciti Andrea Dinelli ed Anna D’Angelo, entrambi eletti al Consiglio dell’Ordine, e, per questo, in ragione di una regola non scritta che abbiamo sempre seguito di non cumulare cariche in organismi forensi, subentrarono Fabrizio Spagnoli, ed Angela Acconci.
Sono gli anni delle Giunte Frigo (2000 – 2002) e Randazzo (2002 – 2004).
Anche quelli sono anni di grandi riforme. Ci limiteremo a ricordare la regolamentazione delle Indagini Difensive, con la Legge 7 dicembre 2000, n. 397 (Disposizioni in materia di indagini difensive), la Legge 1.3.2001 n. 63 recante modifiche al codice di rito in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della riforma dell’art. 111 Costituzione, nonché la legge 6.3.2001 Disposizioni in materia di difesa d’ufficio.
Si tratta, probabilmente, del periodo di maggior successo dell’azione dei penalisti a livello nazionale.
In questo periodo la Camera Penale di Livorno è fortemente impegnata in quel processo collettivo che porterà alle importanti ed insperate riforme di quegli anni.
Merita ricordare che proprio l’Avv. Uccelli, in vista del Congresso Ordinario del 2002, nel quale si contrapposero L’avv. Vittorio Chiusano e l’Avv. Ettore Randazzo, riuscì ad organizzare il confronto elettorale tra i due candidati, il primo nella storia dell’Unione, a Livorno, presso l’Hotel Rex.
Nel 2004 si rinnovarono le cariche e la presidenza andò all’Avv. Marco Talini.
Sono gli anni della Presidenza Randazzo (secondo mandato) e Dominioni.
Lo affiancarono nel direttivo i Colleghi Uccelli, Vannucci, Acconci e Spagnoli, cui si aggiunsero, nel secondo biennio, gli avvocati Fabio Ercolini e Nicola Bibbiani.
Fu un periodo tutt’altro che tranquillo nel quale la Camera Penale si impegnò in alcune battaglie di grande respiro, prima tra tutte quella sulle travagliatissime vicende della Riforma c.d. Castelli (dal ministro proponente).
Come noto, infatti, quella riforma, contenuta in un disegno di legge del 2002, venne approvata, dopo un contrastato iter parlamentare, con la legge delega 150/2005⁶: essa, pur senza attuare la necessaria separazione delle carriere tra uffici requirenti ed uffici giudicanti, aveva quantomeno previsto una forma incisiva di separazione delle funzioni, rendendo obbligatoria l’opzione iniziale tra carriera di giudice e di pubblico ministero, con il possibile passaggio dall’una all’altra nel quinquennio da tale scelta, previa valutazione psico – attidunale (sempre richiesta anche in fase di concorso) e con il passaggio ad altro distretto di Corte d’Appello. Fu tuttavia rimandata alle Camere dal Presidente Ciampi il quale aveva ravvisato alcuni profili di possibile contrasto con la Costituzione⁷.
Ma la caduta del governo che aveva presentato quel disegno di legge, sostituito, dopo le elezioni, da un governo di diverso orientamento politico portò ad una situazione di grave crisi.
Con la legge 24 ottobre 2006, n. 269, il Parlamento sospese fino alla data del 31 luglio 2007, l’efficacia delle disposizioni contenute in uno dei principali decreti legislativi, tra cui anche quelle sulla separazione delle funzioni ed ovviamente ciò provocò la ferma protesta degli avvocati delle Camere Penali ed anche della Camera Penale di Livorno: era chiaro che la magistratura associata, profittando della nuova congiuntura politica, stava cercando di evitare l’entrata in vigore delle disposizioni di riforma dell’Ordinamento Giudiziario che più avversava, tra cui quelle sulla separazione delle funzioni.
Vi furono astensioni infuocate: da segnalare quella del 27 giugno direttamente contro l’iniziativa del Ministro Mastella di sospendere la riforma.
In questi anni si intensificarono anche le iniziative formative, nella convinzione di tutti i consiglieri dell’importanza di far crescere sul piano culturale il Foro livornese.
Nel periodo la Camera Penale di Livorno consolidò la propria offerta formativa e partecipò, come vero e proprio interlocutore istituzionale, alla redazione del Protocollo delle Udienze Dibattimentali.
Grazie al lavoro di tutta l’equipe la Camera Penale ebbe una buona visibilità a livello nazionale, tanto che il suo Presidente andò a comporre, come candidato membro di giunta, la squadra dell’avv. Domenico Battista. Quest’ultimo, come tutti ricorderete, si contrappose, in occasione del Congresso Ordinario di Palermo del 2010, all’Avv. Valerio Spigarelli, che poi risultò largamente vincitore della competizione elettorale.
Avvantaggiandosi anche del buon lavoro dei suoi predecessori, Vinicio Vannucci, allievo di Alberto Uccelli, riesce dare la definitiva ‘quadratura‘ alla Camera Penale di Livorno.
In questa sua avventura è affiancato, durante il primo mandato, da Marco Talini, Fabrizio Spagnoli, Alberto Uccelli ed Ettore Puppo. Nel secondo si aggiungono Aurora Matteucci e Nando Bartolomei, mentre Spagnoli si dimetterà quando sarà eletto nel Consiglio dell’Ordine ed il suo posto sarà preso da Enrica Accardo, prima dei non eletti.
Anni di Giunte agguerritissime: alla Presidenza nazionale si succedono Spigarelli e Migliucci.
Si susseguono gli interventi emergenziali e tende ad affermarsi un’idea politica della professione di avvocato tendenzialmente mercantilistica.
Parallelamente all’iniziativa politica nazionale anche la Camera Penale di Livorno cerca di rinnovare il proprio linguaggio e di parlare direttamente alla società civile, soprattutto attraverso un programma di lezioni presso le scuole medie superiori.
Pionieri di quest’iniziativa proprio gli avvocati Vannucci e Talini, poi affiancati da Matteucci e Bartolomei.
Si intensificano gli eventi formativi e si allarga la base degli iscritti.
Per la prima volta nella sua Storia la Camera Penale di Livorno organizza un evento culturale di interesse internazionale patrocinato dall’UCPI.
L’idea è di Alberto Uccelli, il quale, grazie ad una sua personale ricerca, segnala che nel 2014 ricorrono 250 anni dalla prima pubblicazione, avvenuta proprio nella città di Livorno, del famosissimo testo di Cesare Beccaria ‘Dei Delitti e delle Pene‘. Su quest’idea formidabile la Camera Penale di Livorno riesce ad organizzare un Convegno pluridisciplinare che richiama studiosi da tutta Italia ed anche dall’estero. E’ l’occasione per parlare, senza rete e fuori dagli schemi consueti, delle frontiere del reato e della pena nel mondo di ieri e di oggi, in un confronto finalmente aperto anche ai filosofi ed agli storici. Inutile dire che è un successo eccezionale.
In quell’incontro, come detto, di respiro internazionale, si concretizza un ulteriore evento eccezionale, favorito, all’evidenza, dal lavoro della nostra Camera Penale: nascono alla Camera di Commercio di Livorno, le Camere Penali Europee.
Gli anni a venire dovranno necessariamente registrare la crescita e l’affermazione di quest’importante istituzione.
Ancora: la Camera Penale di Livorno, unitamente ai Colleghi dell’Osservatorio Nazionale, si reca in visita al Carcere di Livorno, predisponendo un’accuratissima relazione. Sono i tempi (febbraio 2014) del massimo affollamento delle carceri e le condizioni che, purtroppo, vengono accertate in quella visita sono drammaticamente fotografate nella relazione che potrete trovare tra i documenti presenti nel sito. Anche questa è una prima volta, ma è un momento importante della nostra politica. Gli avvocati, finalmente, escono dalle aule di giustizia ed entrano nelle carceri per chiedere che la concreta esecuzione della pena corrisponda al senso d’umanità e persegua veramente la rieducazione dei condannati. E’ un viaggio lungo, che, ovviamente, non si è ancora concluso.
Vannucci, inoltre, com’era avvenuto per Spagnoli, viene chiamato a far parte della squadra dell’avv. Salvatore Scuto, che si contrapporrà a Beniamino Migliucci in occasione del Congresso Ordinario di Venezia. Purtroppo, anche in questo caso, le urne non arridono al giovane presidente livornese.
Da segnalare, inoltre, che la Camera Penale di Livorno, in occasione del Congresso Straordinario di Cagliari del 2015, sarà promotrice di una mozione congressuale, approvata all’unanimità, sulla modifica delle regole per a verbalizzazione delle sommarie informazioni testimoniali raccolte dal PM e dalla PG nella fase delle indagini, prevedendosi l’inutilizzabilità delle stesse in caso di mancanza di fono ovvero di video registrazione.
Per istituire un ponte tra vecchie e nuove generazioni i penalisti livornesi decidono di affidare un terzo mandato presidenziale a Marco Talini, che viene affiancato da un direttivo rinnovato ‘a trazione femminile‘.
Accanto ad Ettore Puppo e Nando Bartolomei, infatti, sono elette Aurora Matteucci, Enrica Accardo, Francesca Galiuto E Lorenza Musetti.
Senza quote rosa la Camera Penale di Livorno viene ad avere una dirigenza con più donne che uomini: il risultato è più che positivo.
Si lavora molto su tutti i fronti: temi politici, rapporti con gli uffici, formazione professionale, progetto scuole, carcere, informazione giudiziaria.
A seguito di uno spiacevole episodio di cui si sono resi protagonisti alcuni giudici del Foro (viene negato il rinvio ad un collega iscritto alla CP che ha perso da poche ore la madre), la Camera Penale intera insorge, ed il Consiglio Direttivo riesce, non senza difficoltà, a far sì che l’Ordine, evidentemente non disposto ad agire in via diretta, trasmetta al Consiglio Giudiziario la segnalazione – denuncia predisposta dalla Camera Penale in relazione al suddetto episodio.
La Camera Penale, inoltre, partecipa in modo sicuramente massiccio, alla realizzazione del Corso per le Difese d’Ufficio.
Sul fronte degli eventi formativi, vengono organizzati incontri oggettivamente molto interessanti: Serafinio Famà, Le prospettive del Giudizio d’Appello, il caso Tortora, questi ultimi due accreditati direttamente dall’UCPI.
Si intensificano, inoltre, le turneè nelle scuole.
La Camera Penale, poi, partecipa alle reiterate astensioni contro la riforma Orlando, cercando di far breccia nell’opinione pubblica.
Viene richiesta l’audizione davanti al Consiglio Comunale ed anche questa esperienza viene a realizzarsi: Talini, Matteucci, Accardo e Galiuto sono ascoltati in merito alle ragioni delle astensioni dalla Commissione Affari Sociali del Comune di Livorno.
Molto bene anche la raccolta delle firme per la presentazione del disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici.
Coordinati da Musetti i penalisti livornesi, grazie al grande contributo di molti iscritti (Piccinini, Cecconi, Luparini, Licata, Ferrari) e degli amici elbani (Barghini, Iovine, Leonardi e tanti altri), riescono a raccogliere ed a far certificare 1085 firme, quasi un record se si considera il comprensorio di riferimento.
Per concludere, gli iscritti toccano la quota di 75 (che dà diritto a 3 delegati in occasione del prossimo congresso ordinario).
In questo biennio l’Osservatorio carcere della Camera Penale di Livorno, diretto da Aurora Matteucci, con la partecipazione dell’intero direttivo e dell’Osservatorio Nazionale UCPI effettua addirittura due visite alle nostre carceri: la prima a Livorno la seconda anche presso l’isola di Gorgona, dove si erano manifestate alcune criticità.
Anche in queste occasioni vengono redatte puntuali relazioni e ne segue un’iniziativa sulla stampa diretta a denunciare la persistente incapacità di risolvere i problemi degli istituti del territorio.
c/o Avv. Vinicio Vannucci
Piazza Benamozegh 17
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